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Politica

Ue, la direttiva sul reato di stupro non mette d’accordo tutti i Paesi, ecco perché

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Giuliana Presti

Il varo della legge europea contro la violenza di genere è una priorità, hanno dichiarato Ursula von der Leyen e Roberta Metsola, presidenti della Commissione e del Parlamento europeo

La direttiva sulla violenza di genere, proposta l’8 marzo 2022 dalla Commissione europea, sta dividendo l’Europa. È in particolare sull’articolo 5 che i Paesi non hanno pensiero comune e nella definizione di stupro come “sesso senza consenso. A tal proposito, martedì, i capi di Stato e di governo riprenderanno la discussione sulla legge europea. La direttiva è stata proposta in occasione della Giornata internazionale della donna con l’obiettivo di unificare le normative sui reati di violenza di genere e agire contro di essi. La proposta segue il principio della Convenzione di Istanbul.

La direttiva sulla violenza di genere divide l’Europa

“Il varo della legge europea contro la violenza di genere è una priorità“, hanno dichiarato Ursula von der Leyen e Roberta Metsola, presidenti della Commissione e del Parlamento europeo, ma su alcuni punti del testo manca l’unanimità tra i 27 Paesi. Per l’Eurocamera è fondamentale che la normativa contenga una definizione del reato penale applicabile ad ogni rapporto sessuale non consensuale. “Abbiamo una settimana di tempo per convincere i governi che la direttiva sulla violenza di genere va approvata senza tagli e omissioni che la renderebbero gravemente insufficiente“, dichiara, in una nota, la vicepresidente del Parlamento Europeo e relatrice italiana Pina Picierno. “Serve una mobilitazione corale“, continua.

Commissione europea | unsplash @Christian Lue -20maggiosenzamuri.it

Cosa divide gli Stati Ue sulla direttiva sul reato di stupro

Per Francia, Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca le vittime devono dimostrare l’uso della forza o della minaccia. Per Spagna, Belgio, Lussemburgo, Svezia e Italia e altri Paesi il non consenso è identificabile già con un “no” da parte della donna. Picierno dichiara: “Mancano le proposte che il Parlamento Ue e la Commissione avevano fatto e che i governi nazionali stanno di fatto depennando. Ad esempio è stato eliminato l’articolo che definisce, e quindi sanziona, il reato di stupro come rapporto sessuale in assenza del consenso esplicito della donna, che discende dalla Convenzione di Istanbul. Le molestie sessuali nel mondo del lavoro non sono più incluse. La violenza online: la vittima dovrebbe provare il danno subito dalla circolazione di proprie immagini private”.

Le associazioni a tutela delle donne vittime di violenza e i sindacati sono preoccupati dall’eliminazione della definizione di “molestie sessuali nel mondo del lavoro“, che, nella legislazione di molti Paesi, viene riconosciuto nei casi in cui avvenga con minaccia, costrizione o violenza (articolo 4 della Direttiva). Cgil, Cisl e Uil: “Grande preoccupazione per il tentativo di indebolimento della direttiva europea contro la violenza sulle donne e la violenza domestica“. Le donne di Cgil Cisl Uil – si legge in una nota – invitano il Governo italiano e la Presidente del consiglio Giorgia Meloni a difendere le norme a tutela delle donne e a promuovere presso tutte le delegazioni e tutti i Paesi un pieno sostegno all’articolo 5. La formulazione originaria garantisce e protegge di più dalla violenza di genere: non vogliamo cedere a modifiche peggiorative che pagherebbero le donne dentro e fuori i posti di lavoro. Abbiamo bisogno di più tutele, non di minori diritti“.

La vicepresidente del Parlamento Europeo rivolgendosi alla premier Giorgia Meloni: “Ritiene che un rapporto sessuale senza consenso sia da considerarsi stupro? Ritiene che le molestie sul luogo di lavoro siano una piaga da estirpare senza esitazioni? Ritiene che la cyber violenza sia sempre un danno incalcolabile sulle donne? Se è a favore lo dica e lavori attivamente per convincere gli altri governi nazionali: l’accordo sullo sblocco dei fondi all’Ucraina è stato trovato, nonostante il terribile ricatto di Orban, in 24 ore. Se c’è la volontà politica gli accordi si trovano. Abbiamo bisogno di una mobilitazione corale che spinga a considerare la violenza sulle donne questione prioritaria. È finito il tempo delle mediazioni al ribasso sul corpo delle donne“.

Pina Picierno | ANSA/ANGELO CARCONI – 20maggiosenzamuri.it

La lettera dei deputati dell’Intergruppo della Camera alla premier

Venti deputate e deputati dell’Intergruppo della Camera per le donne, i diritti e le pari opportunità hanno inviato una lettera alla premier Meloni per chiedere che nel testo della direttiva non venga eliminato il punto sul consenso. Nella lettera (firmata da Laura Boldrini, Stefania Ascari, Ouidad Bakkali, Elena Bonetti, Chiara Braga, Andrea Casu, Michela Di Biase, Sara Ferrari, Antonella Forattini, Marco Furfaro, Valentina Ghio, Chiara Gribaudo, Marco Grimaldi, Ilenia Malavasi, Maria Stefania Marino, Emma Pavanelli, Silvia Roggiani, Rachele Scarpa, Debora Serracchiani e Luana Zanella) si legge: “Le scriviamo per via delle preoccupanti notizie giunte dal Consiglio Europeo, che parlano dello stralcio dalla direttiva Ue contro la violenza sulle donne e la violenza domestica delle norme sullo stupro e di quelle sulle molestie sessuali nel mondo del lavoro. È a dir poco allarmante che venga cassato il concetto per cui il rapporto sessuale senza consenso è stupro, specie in un periodo storico come quello attuale, dove la violenza da parte degli uomini sulle donne continua a riempire le cronache a qualunque latitudine. Tale decisione può avere una portata devastante, poiché di fatto indebolisce l’applicazione della Convenzione di Istanbul e riduce la protezione delle donne nell’intero territorio Ue”.

Roccella: “Paese sempre favorevole all’inclusione del reato di stupro”

La ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella, chiarisce che il nostro Paese è “sempre stato favorevole all’inclusione del reato di stupro nella nuova direttiva europea contro la violenza sulle donne”. “Come lo scorso giugno, nel corso dei negoziati con gli altri Stati membri, l’Italia si è espressa chiaramente in una dichiarazione comune, insieme a Belgio, Grecia e Lussemburgo, a favore dell’inserimento del reato, non condividendo le considerazioni di natura tecnico-giuridica del Servizio Giuridico del Consiglio dei ministri Ue e di molti Stati membri contrari a tale inserimento per motivi tecnici. Si tratta del resto di Stati che prevedono tutti questo reato nel proprio ordinamento giuridico. Il Parlamento europeo ha comunque ancora la possibilità di far pesare il proprio orientamento nei confronti della Presidenza Ue nel percorso negoziale dei prossimi giorni, come il governo italiano ha fatto nel corso di tutta la trattativa”, ha detto.

Giuliana Presti

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