Aumento dei prezzi, quali sono i prodotti alimentari che lo hanno subito di più nel 2023?

L’inflazione minaccia il potere di acquisto delle famiglie e i prezzi potrebbero non tornare sotto controllo prima del 2025

I dati di Coldiretti e Confesercenti sull’inflazione calcolano che le famiglie potrebbero perdere ancora il 10% del loro potere d’acquisto prima che l’inflazione torni a livelli accettabili. Per potere d’acquisto s’intende quanti soldi una famiglia deve spendere per comprare una certa quantità di prodotti. Questa cifra influisce soprattutto sulla spesa alimentare. Le abitudini degli italiani in questo ambito sono cambiate moltissimo negli ultimi anni.

L’inflazione in Italia tra il 2022 e il 2023

Dopo la fine del lockdown causato dalla pandemia da Covid-19, l’economica italiana ha ricominciato a crescere molto velocemente. In termini tecnici questa crescita si chiama rimbalzo, perché segue un periodo di grande crisi causata da circostanze straordinarie. Dopo un anno con fabbriche chiuse e servizi ridotti al minimo, il Paese ha ripreso a lavorare in pochi mesi come prima della pandemia.

La crescita rapida ha portato un altrettanto rapido aumento della domanda. Industrie e persone hanno ricominciato a comprare beni come prima del lockdown. Questo ha causato un improvviso aumento dei prezzi. L’aumento è stato aggravato anche da situazioni internazionali che hanno reso più difficile soddisfare questa domanda di beni. Proprio l’improvvisa fine dei lockdown ha causato un blocco del commercio mondiale per le troppe richieste. I porti sono entrati in difficoltà e questo ha impedito alle merci di arrivare a destinazione. La guerra tra Russia e Ucraina ha fatto alzare il costo di petrolio e gas, principali fonti di energia. Questo perché la Russia ha bloccato le forniture di materie prime energetiche verso l’Europa.

Corsia di un supermercato
Unsplash @ kevin laminto | 20maggiosenzamuri.it

Questa combinazione di domanda alta, offerta bassa e prezzi dell’energia alti ha generato un’inflazione fino all’8,1% nel 2022. Nel 2023 la situazione è leggermente migliorata, ma su base annua l’aumento dei prezzi è rimasto al 6,7%. Per il prossimo anno è previsto un ulteriore calo, ma Coldiretti e Confesercenti, le associazioni di categoria di agricoltori e commercianti, hanno calcolato che non tornerà al 2% prima del 2025. Il 2% è la cosiddetta inflazione ideale. Un aumento dei prezzi a quel ritmo significa che l’economia è in salute e cresce a sufficienza.

Il calo dell’inflazione è dovuto a due fattori principali. Uno è la normalizzazione di alcune delle situazioni straordinarie che l’avevano causata. Il commercio mondiale è tornato alla normalità e il prezzo delle materie prime energetiche si è stabilizzato. L’altro è l’intervento delle banche centrali. La Banca Centrale europea e la Federal Reserve, la banca centrale americana, hanno aumentato i tassi di interesse. Questo ha diminuito la quantità di soldi in circolazione, aumentando di conseguenza il loro valore. Così l’inflazione ha avuto un effetto meno diretto sul potere d’acquisto delle persone e l’economia è rallentata perché gli investimenti sono diventati più complicati.

Come sono cambiate le abitudini degli italiani dopo l’aumento dei prezzi

Per combattere gli aumenti dei prezzi, gli italiani hanno cambiato abitudini di spesa. Costretti a spendere il 7.7% in più per comprare i beni di prima necessità, i consumatori hanno preferito i supermercati discount rispetto a quelli tradizionali. Questi negozi hanno fatto registrare un aumento delle vendite del 9,1%. L’83% degli italiani inoltre ha prestato attenzione alle offerte in modo da provare a risparmiare.

Oltre a provare a spendere di meno, gli Italiani hanno acquistato di meno. In particolare alcuni generi alimentari hanno subito un netto calo di vendite. Frutta e verdura sono tra i beni più colpiti. La vendita di pesche è scesa del 5% come quella di kiwi e nettarine. Le pere sono la frutta venduta meno nei supermercati, -17%, seguita da arance e uva da tavola con un -8%. Va peggio agli ortaggi. Gli asparagi hanno visto un calo del 24%, il radicchio del 20%. Oltre mezzo miliardo di chili di frutta e verdura è rimasto sugli scaffali rispetto allo scorso anno.

Ragazza che fa la spesa
Unsplash @ kevin laminto | 20maggiosenzamuri.it

Ci vorrà ancora diverso tempo quindi prima che gli acquisti degli italiani tornino alla normalità. Questo perché, secondo i calcoli di Coldiretti e di Confesercenti, il potere d’acquisto delle famiglie sarà inferiore del 16% alla fine del 2025 rispetto a quanto era prima della fine della pandemia. Non si tratta solo di una cifra molto alta, ma anche di un dato che in Italia non si vedeva da decenni. Nel triennio precedente alla pandemia ad esempio, quello tra il 2016 e il 2019, il potere d’acquisto degli italiani era calato soltanto dell’1,5%. Una differenza abissale rispetto al presente. Questi dati inoltre non tengono conto dell’aumento delle spese su prestiti e mutui causa dall’alzarsi progressivo dei tassi di interesse.

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