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Cultura

Hai mai visto l’orchidea “uomo nudo”? La sua forma è davvero incredibile

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Giulia De Sanctis

Esiste una tipologia di orchidea che viene chiamata comunemente uomo nudo: scopriamo di più sulla sua distribuzione e sull’origine del nome

Le orchidee non sono semplicemente quelle esposte nei vivai e ci sono molte più specie di quante si pensi: ad esempio, pochi sanno che si distinguono in due grandi gruppi, le orchidee esotiche e le orchidee rustiche.

Queste ultime in particolare sono piante spontanee delle regioni temperate e sono terrestri, quindi traggono alimento dal terreno in cui affondano le radici.

I loro fiori sono diversi e molto più piccoli di quelli delle orchidee in esposizione dai fiorai. Tuttavia anche se talvolta sono minuscoli hanno il pregio di essere aggraziatissimi per le forme strane, per i colori vivaci, e molto profumati.

L’orchidea italica, altrimenti detta “uomo nudo”, le caratteristiche

Tra queste troviamo l’orchidea italica (Orchis italica Poiret, 1798), una pianta appartenente alla famiglia delle orchidacee ed è nota anche con il nome comune di orchidea uomo nudo. Rappresenta inoltre una delle più diffuse orchidee selvatiche in Italia.

Questa pianta è alta dai 20 ai 50 cm, ma può eccezionalmente arrivare anche a 80 cm di altezza. Il suo apparato radicale è costituito da due rizotuberi di forma ovoidale che possono talvolta essere suddivisi in due lobi secondari.

Foto | Wikimedia Commons @Lumbar~commonswiki – 20maggiosenzamuri.it

 

Le foglie basali, disposte a rosetta, sono lunghe circa 10 cm, hanno una forma ovata, margini fortemente ondulati e sono talvolta maculate. Deve il suo nome comune alla forma del labello (parte del fiore delle orchidee) che sembra imitare il corpo di un uomo, compreso il sesso, il quale risulta trilobato, di colore bianco-rosaceo con punteggiature porpora.

I lobi laterali sono sottili e appuntiti, mentre il lobo mediano è lungo circa il doppio dei laterali, diviso in due lacinie lineari-acute tra le quali vi è un’appendice sottile. Nel complesso la forma del fiore ricorda appunto la sagoma di un uomo.

L’infiorescenza è ricca di fiori color rosa chiaro. I sepali sono rosei con striature purpuree, i petali sono leggermente più scuri. Lo sperone è discendente, sottile e leggermente bilobo all’apice. Esistono esemplari con infiorescenza apocromatica interamente bianca. Fiorisce tra marzo e maggio.

L’orchidea italica si trova nei Paesi del Mar Mediterraneo, dal Nordafrica e dalla penisola iberica fino al Medio Oriente. In Italia è diffusa nelle regioni centro-meridionali e in Sicilia, mentre manca nelle regioni settentrionali e in Sardegna.

Predilige i prati aridi, le garighe, la macchia mediterranea oppure i boschi luminosisuoli calcarei da 0 a 1300 metri sul livello del mare.

Si possono coltivare le orchidee selvatiche?

La coltivazione delle orchidee selvatiche non è per niente facile. Fino al secolo scorso la loro moltiplicazione ha creato enormi difficoltà agli appassionati, dato che la semina non dava risultati.

Foto | Wikimedia Commons @Mg-k – 20maggiosenzamuri.it

 

Finalmente un biologo francese intuì che l’embrione del seme necessita per il suo sviluppo di un elemento energetico che in natura è fornito da un fungo e che può essere sostituito da una speciale soluzione concentrata di glucosio: da allora la riproduzione delle orchidee è diventata possibile.

Le orchidaceae hanno la caratteristica che il seme non germoglia se non è in simbiosi con un fungo, diverso secondo le specie di orchidee, che fornisce all’embrione l’iniziale nutrimento perché non soltanto germogli ma si sviluppi.

In Inghilterra ed in Belgio sono sorte vere e proprie scuole per istruire i creatori di orchidee ricercatissimi dai grandi stabilimenti di floricoltura che fabbricano le migliaia di piante richieste dai professionisti per la coltivazione dei fiori recisi.

La riproduzione delle orchidee selvatiche avviene in laboratorio, che è un vero e proprio prodigio tecnico, mediante una particella infinitesimale della vegetazione apicale attiva di una pianta di orchidea individuata con l’aiuto del microscopio chiamata moltiplicazione per meristema. La particella vegetale prelevata si mette in coltura in una fiale con una speciale soluzione nutritiva.

Giulia De Sanctis

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