Il simbolo sulla felpa di Elena Cecchettin non ha nulla a che fare con il satanismo: ecco cosa significa

Elena Cecchettin, sorella di Giulia, uccisa dal suo ex fidanzato, sta mostrando grande lucidità e forza di fronte alle telecamere, ma c’è chi è riuscito comunque a fare polemica anche in un momento tragico come questo.

La vicenda di Giulia Cecchettin ha sconvolto l’intero Paese. La giovane, uccisa dall’ex fidanzato Filippo Turetta, è l’ennesima vittima di femminicidio, un problema sociale che in Italia non sembra trovare soluzione. La storia di Giulia, poi, ha avuto un impatto molto forte per la giovane età delle persone coinvolte, entrambe ventiduenni, e per la dinamica, con una cena in compagnia che si è trasformata in un rapimento e, infine, in un omicidio. E in questo marasma, nelle ultime ore, è emersa una figura particolare, quella di Elena, la sorella di Giulia. La ragazza si è mostrata lucida e ferma di fronte alle telecamere. Ha avuto parole dure, ma soprattutto pesanti, che invitano alla riflessione e che vanno dritte al punto. Una lucidità rara in un momento così difficile. E c’è chi è comunque riuscito a fare polemica…

Le parole di Elena Cecchettin

Prima di entrare nel merito della polemica, rileggiamo le parole della ragazza. “Turetta viene spesso definito come mostro, invece mostro non è. Un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è. I ‘mostri’ non sono malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro – ha scritto Elena – La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura – continua – Viene spesso detto ‘non tutti gli uomini’. Tutti gli uomini no, ma sono sempre uomini. Nessun uomo è buono se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto. È responsabilità degli uomini in questa società patriarcale dato il loro privilegio e il loro potere, educare e richiamare amici e colleghi non appena sentano il minimo accenno di violenza sessista. Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio – conclude la sorella di Giulia – Il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto“.

Giulia Cecchettin
Immagine | Foto Instagram @bisc0ttoalcioccolato – 20maggiosenzamuri.it

La polemica per il “logo satanista”

Come detto, parole dure, pesanti come macigni. Parole che Elena Cecchettin ha ribadito anche in televisione, a Dritto e Rovescio su Rete 4. Proprio in quell’occasione è maturata la polemica assurda a cui facevamo già cenno in precedenza. La sorella di Giulia indossava, infatti, una felpa di Thrasher, una delle più note riviste mondiali di skate con sede a San Francisco. Nel logo compaiono la scritta 666 e un pentacolo con due ruote da skate. Tanto è bastato per scatenare, appunto, la polemica. “Mi sembra un messaggio ideologico, costruito ad hoc, pronto per la recita. E poi quella felpa con certi simboli satanici aiuta a capire molto… – ha detto il consigliere regionale del Veneto Stefano Valdegamberi, ex leghista di lungo corso ora nel gruppo Misto – Spero che le indagini facciano chiarezza. Società patriarcale? Cultura dello stupro? Qui c’è dell’altro. Fossi un magistrato partirei da questa intervista la quale dice molto…. e non aggiungo altro“.

Parole già di per sé fuori luogo, che diventano ancora più assurde se si pensa che, quel logo, altro non è che il simbolo di una delle più note riviste di skate al mondo e del marchio di abbigliamento ad essa associato. Parole che, oltretutto, hanno spostato l’attenzione del dibattito su un tema secondario rispetto a quanto detto e scritto da Elena. Ora c’è chi chiede le dimissioni di Valdegamberi, che però difficilmente arriveranno.

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